Chiesa, le persone prima che le pietre

Chiesa, le persone prima che le pietre

“Vado in chiesa”, “Ho un incontro in chiesa”, “Sono tutto casa e chiesa”: quante volte lo abbiamo ripetuto? E, tutte le volte, ovviamente, non ci ha neppure sfiorato il dubbio che qualcuno ci potesse fraintendere: ci riferivamo alla chiesa di mattoni, quella costruita pietra su pietra, di certo non intendevamo alludere “alla comunità adunata di persone”, ai “convocati”, ai “chiamati” che pure sono, letteralmente, Chiesa.

È un errore che fece persino il buon san Francesco quando, accolto il monito: “Va’ e restaura la mia chiesa”, pensò alle pietre di san Damiano, invece che ai cuori dei battezzati.

Ecco, c’è chiesa e Chiesa: la prima può avere forme ed espressioni architettoniche varie (e confesso che faccio sempre più fatica a gradire quelle del contemporaneo cemento armato), la seconda ha una forma che non passa e si accresce, non si corrompe e avviene: è quella del Corpo Mistico di Cristo.

Quanto potrebbe cambiare la nostra vita se, davvero, ci lasciassimo attraversare dalla consapevolezza che, finiti, fragili, peccatori, limitati, mai del tutto convertiti, tuttavia noi tutti siamo e costituiamo il corpo di Cristo?

Me lo chiedo, interrogandomi su quante volte io stesso abbia ceduto a discorsi moralistici e neomanichei. La tentazione di dividere la Chiesa in buoni e cattivi, puri e impuri, pervade l’intera storia del cristianesimo e, tra le tante eresie, mi pare che quella di Marcione non sia mai del tutto tramontata: già nel secondo secolo dopo Cristo, Marcione non ne voleva sapere di una Chiesa fondata sul perdono e la misericordia divina. Preferiva l’idea di un dio giustiziere, irosa rappresentazione del dio veterostamentario, l’esatto opposto del vangelo dell’amore rivelato da Gesù di Nazareth.

E così, quando non si parla di chiesa di pietre, quando si arriva alle persone, si sente dire: “Sì, ma non sono una Chiesa autentica, sono incoerenti, non sono veri cristiani…”.

E invece no: Cristo ha chiamato proprio tutti e non ha preteso pagelle né dato voti. Non ha detto: “Venite a me, o voi tutti che siete bravi, belli e buoni”. Ha detto: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”. Vero, ha anche aggiunto: «Prendete il mio giogo sopra di voi”, ma ha subito chiarito: “…e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt.11, 28-30).

Questa, dunque, la “Chiesa dei chiamati”, dei convocati, degli adunati in assemblea: non una chiesa di pietre, ma una comunità di persone, e non una comunità di perfetti, ma un Corpo Mistico in cui siedono in prima fila prostitute, pubblicani e traditori. Tutti convenuti non per merito proprio: ma perché si sono fidati dell’amore di Cristo, affidati alla misericordia del Padre, si sono lasciati purificare dal fuoco dello Spirito.

È la Chiesa in cui mi piace credere e a cui, mio malgrado, sento di appartenere. Di molte “pietre”, invece, farei volentieri a meno, incluse quelle che si sentono “angolari”, dimenticando che di “pietra angolare”, come recita il Salmo 117, ce n’è solo una ed è esattamente quella che l’arroganza cieca dei costruttori aveva pensato di scartare.

Mi pare si tratti della medesima Chiesa che si può dire “Una”, nonostante le ferite che lei stessa si infligge, “Santa”, per quanto meretrice, “Cattolica”, a prescindere dai certificati di battesimo, “Apostolica”, a dispetto di tutte le volte in cui non è testimone credibile (CCC 811 e ss.).

Una Chiesa che vive della Parola, che si nutre del Corpo e che, nell’atto del nutrirsi, quel medesimo Corpo diventa (CCC 752).

Paolo Farina

paolofarina118@gmail.com