
01 Feb La storia di un intreccio
La bellezza e la fatica della vocazione.
La forza e la fragilità della vocazione.
L’eternità e la momentaneità della vocazione.
Questi sei aspetti connotano in generale una qualsiasi vocazione, sia quella sacerdotale che quella alla vita consacrata, quella matrimoniale che quella monastica. Ogni vocazione, dono di Dio, è di per sé bella, forte ed eterna. Proprio perché viene dal Signore. Un dono che è posto nelle mani della creatura, e per questo faticoso, fragile e momentaneo.
Bella e faticosa, forte e fragile, eterna e momentanea.
In sintesi, Dio e uomo. La vocazione è la storia di un intreccio, come quello che avviene tra la vite e il tralcio.
Di fatti, la vocazione è l’intreccio che si stabilisce tra lo sposo e la sposa, il Creatore e la creatura, il Padre e il figlio, Dio e il fedele.
La vocazione alla vita consacrata esprime più profondamente questo mistico intreccio che, per un sacerdote si esprime nella relazione con il popolo, per un marito con la sua moglie, per la moglie con il marito. Nell’esistenza consacrata un religioso e una religiosa esprimono ciò nella vita comunitaria in cui vengono inseriti dal Signore.
È bella la vita consacrata, perché è l’espressione della bellezza di Dio, il quale la trasmette alla creatura scelta. È faticosa la fedeltà del consacrato e della consacrata, perché sono chiamati alla perseveranza e alla fedeltà in ogni circostanza della vita.
È forte e robusta la grazia della consacrazione alla vita consacrata, perché è indice della forza dell’amore del Padre che sempre chiama. Ma è anche una forza fragile, perché, come vaso di alabastro, viene affidata alla creatura, chiamata ad essere attenta perché il vaso non ceda dalle sue mani e non si versi inutilmente l’olio della grazia.
È eterna la vocazione perché Dio da sempre ha pensato alla sua creatura. Ma è anche momentanea perché vive della straordinaria quotidianità dei consacrati stessi.
La straordinarietà di una esistenza vocata alla consacrazione, attraverso la castità libera e generosa, l’obbedienza fatta di ascolto reciproco e di premura, la povertà gioiosa e liberante, non si manifesta nell’eroicità di una vita impeccabile, senza rischi, ritirata, lontana da tutti e da tutto, ma si misura nella capacità di evocazione del mistero bello e faticoso, virtuoso e fragile, eterno e quotidiano.
Fra Onofrio Farinola, O.F.M.Cap. Segretario dell'Istituto Francescano di Spiritualità Roma