Sognatori poveri

Sognatori poveri

Nei racconti biblici non è raro trovare dei sognatori.

Basti ricordare Giacobbe che sogna una scala che unisce il cielo e la terra (Gen 28,12) o Giuseppe, suo figlio, passato alla storia come il principe dei sogni (Gen 37,5-10.19); ma anche Samuele, che si sente chiamare nel cuore della notte (1Sam 3,3ss) oppure il re Salomone (1Re 3, 5-15) fino a Giuseppe lo sposo di Maria, i cui sogni conosciamo bene (Mt 1,20-24; 2,13-14.19-21), e Paolo che riceve precise indicazioni di marcia durante alcune visioni notturne (At 16,9-10; 18,9; 23,11).

Nel sogno Dio si rivela all’uomo, gli si mostra vicino, lo soccorre nella sua fatica, gli conferma la sua promessa e gli apre il cammino. È un momento di incontro tra il divino e l’umano, una sorta di finestra attraverso la quale il Signore può affacciarsi nel cuore dei suoi figli.

La notte è un tempo buio e silenzioso. Una sorta di vuoto che Dio può finalmente riempire. Quando l’uomo ha esaurito tutte le sue visioni, Dio può mostrare il suo volto; quando non è più sovrastato da suoni e rumori Egli può far udire la sua Parola. Non a caso sogniamo mentre dormiamo. Quando l’uomo è ormai stanco e arreso, non più padrone di sé stesso, Dio può meglio agire nella sua vita.

Il sogno è un’esperienza di profonda intimità. Spesso infatti costituisce il momento della chiamata, una sorta di profezia, in cui l’uomo conosce sé stesso, la verità di sé, nello scoprire come è visto dal Signore. Il sogno biblico è quasi sempre esplicitamente dialogico. È una realtà simbolica alla quale l’uomo già partecipa e che Dio man mano porterà alla pienezza. È un momento di grazia che rende l’uomo partecipe dello sguardo di Dio su di lui, sulla vita e sulla storia (cfr. M. Rupnik, Cerco i miei fratelli, p. 24).

Nel sogno Dio consegna all’uomo il suo stesso sogno, lo rende partecipe dei suoi desideri e delle sue speranze. Ora, un Dio che desidera e che spera è un Dio povero, umile, che affida il suo progetto di bene sulla storia alla libertà dell’uomo.

Così è per Salomone (1Re 3, 5-15): a lui, giovane sovrano di Israele, Dio suggerisce cosa domandare, perché il desiderio del re sia in sintonia col cuore di Dio. E Dio sogna che Salomone desideri un cuore che ascolta! Un Dio che è Parola non può che desiderare questo: una umanità che abbia l’orecchio orientato a Lui, così da poter discernere il bene dei fratelli.

Così è per Giuseppe (Mt 1,20-24) che stava per realizzare il suo progetto d’amore. Egli si vede improvvisamente soppiantare da un Dio apparentemente invadente, che adombra la sua sposa, avvolgendola come in un abbraccio, e la riempie di sé. Sfinito dal suo rimuginare e dai suoi dubbi, Giuseppe si abbandona finalmente al sonno per scoprire che Dio sogna il suo stesso sogno. Può smettere di temere: il suo progetto d’amore è solo dilatato, moltiplicato, trasfigurato; abitato dall’Amore fatto carne, l’Amore che cerca una dimora nel cuore di un uomo, nella casa di un giusto.

Nell’esperienza di Salomone e di Giuseppe l’intimità con Dio raggiunge il culmine: come per due amanti che giungono a desiderare ciò che desidera l’altro e perciò si perdono l’uno nell’altro.

A proposito di sogni, la sapienza biblica ci mette anche in guardia da un pericolo, in cui il popolo di Israele sembra scivolare: i sogni che vengono dai falsi profeti e che possono sviare e condurre su vie di morte, perché illudono e fanno travisare la realtà. In questo senso si pronunciano il Deuteronomio (13,1-5) e Geremia (23,25-28).

Bisognerà tener conto di questo: ci sono sogni che vengono da Dio e sogni che possono alimentare le illusioni dell’uomo. È quanto accade anche nella nostra vita spirituale, nel nostro cammino di fede e nella nostra ricerca vocazionale: non tutti i pensieri e i sentimenti, da cui siamo attraversati, vengono da Dio. Serve un discernimento: domandarci se un’ispirazione o un desiderio ci avvicina a Dio o ci allontana da lui, se è secondo lo stile del Regno, se è per il bene nostro e degli altri: Se non sono una visione inviata dall’Altissimo, non permettere che se ne occupi la tua mente (Sir 34,6).

L’augurio è di coltivare sogni belli e buoni, secondo il sogno di Dio.

Don Giuseppe d’Alessandro

Arcidiocesi di Taranto

Padre spirituale presso il Seminario maggiore Pio XI in Molfetta (BA)