Vita consacrata, esistenza di libertà

Vita consacrata, esistenza di libertà

La tradizione plurisecolare della Chiesa ha sintetizzato nei tre consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza il DNA della vita consacrata. I consigli sono i timbri di validità messi sul passaporto della libertà, i cartelli stradali che indicano le strade da evitare, la lanterna con cui fare luce sulla realtà nel momento in cui non sappiamo cosa scegliere.

 

Obbedienza. Ricevendo il dono di riprodurre attraverso l’obbedienza l’ascolto totalizzante del Figlio verso il Padre, il cristiano pone l’universo delle relazioni sotto una luce nuova. Gesù ha incarnato con tutto se stesso il comandamento primordiale: Ascolta Israele, il Signore è uno solo (cfr. Dt 6,4). Il Figlio ‒ obbedendo al Padre per la salvezza degli uomini ‒ si è svincolato dai tanti signori del mondo e dai fanatici della religione che volevano farlo re (cfr. Gv 6,15). La scelta di accogliere la volontà del Padre con gioia, come cibo buono e necessario, ha reso Gesù libero dalla tentazione di sedersi alla tavola dei potenti. Così nel Maestro di Nazaret risplende una volta per sempre il vero legame tra obbedienza e libertà. Si è liberi quando si sceglie «chi» ascoltare. La libertà sociale ‒ quella dei diritti ‒ è una conquista, ma la libertà personale (quella che ci libera anche dai nostri fantasmi e dalle nostre paure!) è un dono che scende dall’alto: Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi (cfr. Gal 5,1). L’obbedienza evangelica deve diventare una spina nel fianco per un mondo che fomenta una libertà da orfani. Scegliere di chi fidarsi è il più grande esercizio di libertà.

 

Povertà. Tramite il dono di una vita povera, i cristiani pongono al mondo la questione estremamente seria dell’apprendere il discernimento tra illusioni e desideri. Come ben sappiamo, la vita cambia e si trasforma solo grazie a desideri grandi ma possibili. I desideri sono l’unica realtà veramente «mia», che è capace al contempo di portarmi al di là di me stesso. Essi rappresentano simultaneamente l’apice dell’identità e la spinta a uscire da sé. Noi siamo i nostri desideri ma non li possediamo. In questo consiste una delle grandi lezioni di sant’Agostino. Le illusioni, invece, le tengo ben strette, anche se non sono mie ma delle paure che nascondo. Vivendo il consiglio evangelico della povertà, il battezzato sceglie di concentrare la fatica del desiderare verso Colui che soddisfa infinitamente ogni attesa umana, scartando le illusioni. Inoltre la povertà evangelica libera il cristiano anche dalla paura della fragilità umana, della morte, della vecchiaia e della malattia. Per lui queste cose non sono incidenti, ma fanno parte della struttura precaria e meravigliosa della vita terrena. Quanti adulti si fingono adolescenti? Quanti potenti non si rassegnano a lasciare il posto ad altri? Non è forse, la povertà, un modo per affrontare con serenità il nudo splendore della condizione umana?

Castità. Anche nell’ambito degli affetti c’è un modo evangelico per conservare la libertà. La verginità per il Regno vissuta e proposta da Cristo possiamo capirla facendo ricorso ai termini celibato, castità, verginità.

Celibe è il non coniugato: chi si impegna nel celibato sa di aver ricevuto il dono della compagnia di Gesù come relazione sorgiva rispetto a tutte le altre relazioni. Celibe è chi desidera compiacere il Signore senza distrazioni terrene, facendo a meno di stringere per sempre a sé un partner. Il celibe è colui che solo dal Signore si sente rivolgere la domanda: «Mi ami tu più di costoro?» (cfr. Gv 21,15); che non significa che Gesù non rivolga la stessa domanda a ogni battezzato, bensì che il celibe consacrato questa domanda se la sente porre esclusivamente dal Signore.

La castità è l’opposto della lussuria, ed è il contrario dell’incastus. Incestuoso è ‒ come sappiamo ‒ colui che vive le relazioni affettive e sessuali solo nell’ambito certo e rassicurante del proprio clan. Ci sono atti incestuosi, ma c’è anche un modo incasto di impostare le relazioni: ogni volta che si dà affetto solo a chi ci conferma e rassicura si cade nella trappola. Il Maestro insegna: «Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?» (Mt 5,46).

Lo scopo ultimo della castità e del celibato è, infine, diventare persone vergini. Vergine ‒ come il «virgulto» ‒ è ciò che sta per fiorire e portare frutto. Ecco il lato più bello del consiglio evangelico: noi siamo casti e celibi per portare frutto. La verginità è l’alba della paternità e della maternità. Si dice che siamo in crisi di padri ma forse ce ne sono fin troppi! Padri/padroni che legano a sé con la scusa di accompagnare nella fede o nella maturità. Vergine è chi vive contento del fatto che qualcuno possa essere felice grazie a lui, ma senza di lui!

don Giuseppe Forlai

Padre spirituale presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore

 

 

Letture consigliate

Špidlík, L’uomo di Dio, Edizioni Lipa

J.-C. Lavigne, Perché abbiano la vita in abbondanza, Qiqajon